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Attori

Steve McQueen, il vero duro di Hollywood: tra rapine e un’infanzia travagliata

Published by
Marta Zelioli

Steve McQueen è un nome noto a tutti gli amanti del cinema. Anche solo per caso, anche solo per una canzone, è conosciuto come il cattivo ragazzo del cinema

Steve McQueen, classe ’30, allievo dell’Actors Studio di New York, uno degli attori più celebri tra gli anni ’60 e ’70. Noto per le sue interpretazioni ma anche e soprattutto per il suo atteggiamento spericolato.

Steve McQueen, il vero duro di Hollywood: tra rapine e un’infanzia travagliata (foto Ansa) – Cinema.it

Noto per il suo carattere ribelle e piuttosto problematico creava diversi disagi a registi e produttori, riuscì comunque e ottenere sempre ruoli importanti e compensi notevoli. Apprezzato soprattutto per il suo voler essere sempre impeccabile, con accessori ricercati e abiti ben selezionati, era infatti soprannominato ‘King of cool’. Ancora oggi viene menzionato come esempio di spicco per la moda maschile.

Di Steve McQueen nel corso degli anni si è sempre sentito accostare il suo nome all’immagine del cattivo ragazzo turbolento. In effetti lo era, non si può certo negare. Quello che pochi sanno, tuttavia, è che il suo background è stato piuttosto traumatico. A parlarne Michael Munn, autore di una biografia sull’attore: “Steve McQueen: Living On the Edge”.

Steve McQueen, dietro il mito una vita di sofferenza

Steve McQueen trascorse la sua infanzia insieme alla madre a Indianapolis. La donna lavorava per strada e il giovane Steve era un ladruncolo e rivendeva tutto ciò che poteva dei suoi furti. Entrò perfino a far parte di una gang che organizzava diverse truffe.

Ebbe il suo primo rapporto con una donna a 13 anni quando la gang lo portò da una prostituta, una ragazza di nome Matilda che veniva pagata con i dolci. Alla stessa età McQueen se ne andò di casa e visse in un campo di vagabondi che lo accolsero e gli diedero acqua e cibo. A riguardo disse: “Molti di loro avevano perso il lavoro, la casa e la famiglia durante la Grande Depressione. A loro piaceva semplicemente vivere così. Avrei potuto essere un vagabondo anch’io, ma avevo dei sogni.”

Steve McQueen, dietro il mito una vita di sofferenza (foto Ansa) – Cinema.it

I suoi sogni erano di essere come Humphrey Bogart e James Cagney, i suoi idoli cinematografici. “Così sono rimasto un po’ con loro e poi sono andato avanti”. Steve McQueen finì in un riformatorio minorile, il California Junior Boys Republic di Chino, con una condanna di 14 mesi. Tentò la fuga cinque volte. L’attore in seguito disse di aver utilizzato i suoi ricordi in riformatorio per il suo ruolo nel film ‘La grande fuga’.

Uscito dal riformatorio tentò anche una rapina a mano armata, anche se dovremmo dire a mano disarmata, perché in realtà non aveva alcuna pistola. Infilò semplicemente la mano nella tasca della giacca e finse di avere un’arma. Non andò come aveva previsto, il proprietario del negozio alla sua minaccia alzò lo sguardo, sputò il tabacco, tirò fuori un fucile e lo inseguì sparandogli contro.

Steve McQueen poi entrò nei Marines e lì ebbe l’occasione di compiere un gesto eroico quando vide tre ragazzi importunare un’adolescente e trascinarla in una stradina laterale. L’attore aveva con sé una pistola molto piccola che non avrebbe dovuto portare con sé ma a volte lo faceva per evitare problemi.

Steve McQueen, l’uomo il mito (foto Ansa) – Cinema.it

Seguì il gruppo di ragazzi e li vide sopra la ragazza pronti a violentarla così tirò fuori la pistola e minacciò i tre che come reazione si misero a piangere. “Ho detto loro di correre e di non fermarsi. La ragazza era a terra e piangeva. Ho messo via la pistola e sono andato da lei e le ho alzato le mani – le ho fatto vedere che non le avrei fatto del male. Le ho detto: “Smettila di piangere, ok? Se ne sono andati. Stai bene”.

Dopo il congedo dai Marines McQueen tornò ai suoi vecchi affari, si trovò a guidare una macchina per dei rapinatori armati in fuga e a fare il protettore di una prostituta di nome Lindy. Vendeva anche armi illegalmente. Disse che così facendo pensava di fare soldi facili: “E niente tasse da pagare”.

Smise di fare il protettore quando fu minacciato da un altro protettore, e smise di vendere armi quando uno dei suoi amici gangster gli disse: “Non sei tagliato per niente di tutto questo. Vuoi essere una star del cinema. Quindi diventalo. Fai finta di essere come noi, ma nei film. Sarai bravo”. McQueen era convinto di non arrivare alla vecchiaia e aveva persino previsto l’età che avrebbe raggiunto. Nel 1977 disse all’autore della biografia: “Morirò a 50 anni”.

Era una previsione che faceva spesso, ma non aveva nulla a sostegno se non il fatto che entrambi i suoi genitori erano morti alla stessa età. Quando McQueen morì di cancro nel 1980, aveva 50 anni.

Marta Zelioli

Giornalista pubblicista classe '82 appassionata di cronaca nera e cinema. Ho avuto modo di crescere professionalmente come assistente dello scrittore, sceneggiatore e criminologo Donato Carrisi che ha alimentato ulteriormente la mia inclinazione sia per la nera che per il cinema. Lavoro per Web365 dal 2020.

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