Il film horror apocalittico “28 giorni dopo” è un film di Danny Boyle del 2002. Come si sono svolte le riprese nella Londra deserta durante l’apocalisse zombie, con quali stratagemmi cinematografici
Il 18 giugno 2025 è uscito il film “28 anni dopo” il terzo della saga iniziata nel 2002 con “28 giorni dopo”. In occasione di questa nuova pellicola, ripercorriamo come è stato girato il film del 2002, alcune riprese sono veramente straordinarie e ci si è domandati spesso come si siano svolte, come sia stato possibile a livello tecnico, rendere una metropoli completamente deserta.

Nel film “28 giorni dopo” vediamo un gruppo di animalisti liberare da un laboratorio alcuni scimpanzé infetti dal virus della rabbia, malgrado un medico cerchi di fermarli. Le gabbie vengono aperte e gli animali attaccano immediatamente i presenti nel laboratorio.
28 giorni dopo il virus si è manifestato e ha portato ad una terribile mutazione, chi viene contagiato diventa una sorta di zombie e aggredisce le persone ancora sane. Un ragazzo, Jim, si sveglia dal coma e si trova in un ospedale deserto, quindi in una Londra deserta, senza sapere cosa nel frattempo sia accaduto.
Jim incontra poi dei ragazzi che stanno a loro volta scappando dal virus e con questi intraprende un viaggio di sopravvivenza nel mondo stravolto dalla piaga.
“28 giorni dopo” come Danny Boyle ha girato il cult zombie
Danny Boyle è tornato, il film “28 anni dopo” è nelle sale italiane. Ripercorriamo insieme i passi del regista per lavorare alla prima pellicola della saga, diventata un cult. Insieme al cineasta, nella prima opera, erano presenti alla sceneggiatura Alex Garland e Andrew Macdonald produttore. Squadra che vince non si cambia, il trio torna anche per il nuovo, terzo film.
Le scene della prima pellicola che sconvolsero di più, furono quelle della metropoli di Londra completamente deserta. Rivederlo ora, dopo aver affrontato anche il Covid-19, fa uno strano effetto, ora che in un certo senso, un’esperienza simile l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle.
Del resto anche il gruppo dei Rolling Stones all’epoca, fecero una canzone sull’argomento e la città deserta era appunto Londra, con la canzone “Living In A Ghost Town”. Tuttavia per il loro video non fu necessario utilizzare grandi tecnicismi, le immagini vennero semplicemente fatte in una Londra in pieno Lockdown da COVID.

Le riprese del primo film sono iniziate il 1° settembre e andate avanti per 9 settimane. Prima di questo vennero però effettuate delle scene a luglio, per 4 giorni, proprio quelle riguardanti Jim nelle strade deserte di Londra. Com’è stato possibile effettuare quei ciak? In un unico modo: al mattino, all’alba, prima dell’ora di punta per facilitare la chiusura delle strade della capitale britannica.
In particolare, il film è uscito nel 2002, quindi prima di quanto accaduto a New York l’11 settembre 2003. Il regista in merito alla famosa scena del cartellone in Piccadilly Circus, all’epoca disse:
“L’immagine si basa su una fotografia che avevo visto di un terremoto in Cina, ma chiaramente si basa su un impulso profondamente umano: persone che cercano di contattarsi, che cercano di mantenere i contatti con altre persone quando i canali normali sono interrotti o sembrano inadeguati. Ovviamente, Ground Zero è l’esempio più recente e probabilmente il più significativo, ma se si guarda a una qualsiasi di quelle catastrofi che accadono, in cui le persone sentono di perdere il controllo e di essere informate su ciò che è accaduto, è una cosa naturale. Non l’avrei filmata dopo l’11 settembre, ma abbiamo cercato, nel montaggio, di assicurarci che non risultasse pruriginosa o invadente rispetto al vero dolore delle persone.”

Il produttore, Andrew Macdonald, ha spiegato invece nel dettaglio le riprese all’alba, nelle strade di Londra: “Le riprese delle sequenze londinesi sono state assolutamente fantastiche. Prima di iniziare le riprese principali, ci siamo presi una settimana di luglio, iniziando ogni mattina alle tre o alle quattro e aspettando che sorgesse il sole”.
Ha inoltre voluto precisare che: “Siamo riusciti a girare per circa un’ora prima che la città diventasse troppo affollata per riuscire a contenere il traffico. È stato molto emozionante, e vedere l’intero ponte di Westminster e il lungofiume chiusi, il traffico bloccato e non sentire nulla, è stato emozionante ma anche strano”.
Il problema principale per un film che deve risultare deserto, ambientato in una grande città come Londra, è stato dover rendere l’idea di assenza assoluta di vita. Il produttore ha spiegato che è stato necessario, girare molte scene di giorno, che tuttavia erano in realtà poi notturne nel film: ”Era più facile sfumare le immagini verso l’oscurità piuttosto che cercare di rimuovere digitalmente tutte le luci degli edifici stradali”.
Danny Boyle ha spiegato in modo più tecnico come si sono svolte effettivamente le riprese: “Camminare per la Londra deserta è stato davvero emozionante, perché era una delle principali ambizioni del film: renderla davvero realistica”.
Il regista ha inoltre precisato che l’obiettivo è stato raggiunto perché hanno utilizzato “molte telecamere DV: se le usi con sufficiente abilità, puoi costruire quella che alla fine sembra una sequenza finita, elaborata e complessa, piuttosto che una singola inquadratura”.