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Jafar Panahi si inchina a Martin Scorsese: la commozione del regista e l’invito a non arrendersi

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Marta Zelioli

Martin Scorsese e Jafar Panahi si sono scambiati abbracci, complimenti e inchini durante il New York Film Festival. Scorsese ha incoraggiato i servizi di streaming a caricare contenuti riguardanti il cinema iraniano

Martin Scorsese non ha bisogno di presentazioni, è una delle colonne portanti della settima arte, maestro indiscusso del cinema, ispirazione per molti registi. Jafar Panahi è un importante rappresentante del cinema iraniano, un uomo che lotta per la libertà del suo Paese tramite la sua arte.

Jafar Panahi si inchina a Martin Scorsese: la commozione del regista e l’invito a non arrendersi (foto screen YouTube Film at Lincoln Center) – Cinema.it

Due mostri sacri, due eccezionali talenti, un incontro tra giganti quello avvenuto al New York Film Festival. Uno di quegli eventi a cui partecipare può fare la differenza per il resto della propria vita.

Martin Scorsese il confronto con Panahi e la situazione in Iran

Jafar Panahi ha definito Martin Scorsese “il dio del cinema contemporaneo” e si è inchinato e i due si sono abbracciati. Il cineasta italo americano si è commosso, non tanto per la definizione ovviamente, che l’avrà sentita mille volte, quanto perché di fronte a lui c’era un regista che con il suo lavoro sta cercando di fare veramente la differenza in termini di libertà per il suo paese, un cineasta che per lottare, per non abbandonare ciò in cui crede, è stato messo in prigione e nonostante questo ha proseguito con il suo lavoro girando sempre in gran segreto.

La conversazione tra i due è durata circa un’ora e Scorsese ha invitato gli utenti a sostenere in tutti i modi i registi iraniani. Panahi si trovava a New York per il suo ultimo film “Un semplice incidente” girato in segreto e basato sul suo periodo in prigione, il film ha vinto la Palma d’oro al 78º Festival di Cannes.

Martin Scorsese il confronto con Panahi e la situazione in Iran (foto screen YouTube Film at Lincoln Center) – Cinema.it

Scorsese si è informato con Panahi riguardo il futuro del cinema iraniano, visto che molti grandi autori hanno lasciato il Paese. “È stato davvero difficile da sopportare… Tutte le colonne portanti del cinema iraniano sono fuori uso. Mi mancano davvero tutti quei film che avrebbero potuto fare in Iran e non l’hanno mai fatto”, ha spiegato Panahi tramite un traduttore, aggiungendo: “Non ho il coraggio e non ho la capacità di lasciare l’Iran e starne fuori. Ci sono rimasto e ci lavorerò”.

E ha sottolineato che “ci sono molti giovani registi che stanno… realizzando i migliori film del cinema iraniano, nello stesso stile in cui li realizziamo noi” – in segreto. “E non accetteranno alcuna censura. È diventato così comune che persino all’interno… degli ambienti cinematografici in Iran, tutti… prendono sul serio queste persone. Persone che girano film clandestinamente. Mentre un tempo nessuno ci prestava veramente attenzione”.

Scorese e Panahi al New York Film Festival, la conversazione e l’invito a non arrendersi (foto screen YouTube Film at Lincoln Center) – Cinema.it

“Questi film dovrebbero essere supportati”, ha insistito Scorsese, da distributori, festival e servizi di streaming. “Le piattaforme di streaming hanno molto spazio. E ci mettono dentro cose” … “Non c’è motivo per cui, sai, Criterion, Mubi e Amazon, tutti quanti, non possano proiettare questi film”. Dopo essere uscito di prigione a Panahi è stato fatto divieto di girare altri film, gli è stato detto che non avrebbe dovuto esercitare la sua arte. ”Quando mi dissero che non avrei potuto fare film per 20 anni, né scrivere, né rilasciare interviste, né lasciare l’Iran per 20 anni, rimasi scioccato”.

Ha spiegato di aver accarezzato l’idea di guidare un taxi. Invece, contro ogni previsione, ha continuato a fare film, film eccellenti. “Quando fai un film in una situazione del genere, il 50% della tua energia e delle tue forze è dedicato a trovare il modo di… fare un film. E ti rimane solo il 50% per la creatività e per il lavoro in sé”.

La conversazione tra Panahi e Scorsese (foto screen YouTube Film at Lincoln Center) – Cinema.it

Il regista crede che le cose in Iran stiano cambiando. “Avevo girato No Bears [2022], ma alla proiezione a Venezia ero in prigione. Poi abbiamo sentito che qualcosa stava succedendo fuori dal carcere. Era iniziato il movimento Donne, Vita, Libertà. Potevamo intuire che fosse qualcosa di importante, ma non ne comprendevamo davvero la portata. Dopo essere finalmente uscito di prigione, abbiamo visto che l’aspetto della città era completamente cambiato. Le donne hanno resistito con grande tenacia in quel movimento. E hanno oltrepassato una linea rossa inimmaginabile. A mio parere, la storia di questa Repubblica Islamica è divisa in un prima e un dopo… Questo ha influenzato tutto. Naturalmente avrebbe influenzato anche il cinema”, come le sue attrici che si rifiutano di indossare il velo.

Di cosa parla l’ultimo lavoro di Jafar Panahi “Un semplice incidente”

Nel suo ultimo lavoro che oscilla tra il cupo e il comico “Un semplice incidente”, un uomo, convinto di aver trovato la guardia che lo ha torturato in prigione, cerca vendetta, lo rapisce e inizia a seppellirlo vivo nel deserto. Ma improvvisamente, dubitando di aver trovato la persona giusta, cerca ex compagni di prigionia nella speranza di confermare l’identità dell’uomo. Non ci riescono e la tensione sale.

“Tutto quello che voglio dire in questo film è questo: elementi come la giustizia, il perdono, ci sono tutti, ci sono tutti nel film, ma sono tutti lì per servire la trama. Questo film è stato realizzato per il periodo che abbiamo dopo la Repubblica dell’Iran. Dobbiamo pensare a cosa succederà dopo. E dobbiamo decidere cosa fare. Continueremo con la violenza? O a un certo punto… diremo basta?”

Chi è Jafar Panahi il regista iraniano che non si arrende

Jafar Panahi è un regista, sceneggiatore e produttore iraniano tra i più importanti e coraggiosi del cinema contemporaneo. È noto per le sue opere che affrontano con grande sensibilità e realismo i temi della libertà, dei diritti civili e della condizione delle donne nella società iraniana. Ha esordito dietro la macchina da presa negli anni ’90, ottenendo subito riconoscimenti internazionali. Il suo primo lungometraggio, “Il palloncino bianco” (1995), ha vinto la Caméra d’Or al Festival di Cannes, mostrando il suo talento nel raccontare la vita quotidiana attraverso gli occhi dei più fragili.

Con film come “Lo specchio” (1997), “Il cerchio” (2000) – Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia – e “Offside” (2006), Panahi ha costruito un linguaggio unico, capace di fondere realtà e finzione per denunciare le limitazioni imposte dal potere e le ingiustizie sociali del suo Paese.

Chi è Jafar Panahi il regista iraniano che non si arrende (foto screen Film at Lincoln Center) – Cinema.it

A causa delle sue posizioni critiche verso il regime iraniano, nel 2010 è stato arrestato e condannato al divieto di girare film, rilasciare interviste e viaggiare all’estero per 20 anni. Nonostante ciò, ha continuato a creare in modo clandestino: tra le sue opere più note in questo periodo ci sono “This Is Not a Film” (2011), “Taxi Teheran” (2015) – vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino – e “Tre volti” (2018).

Jafar Panahi è considerato un simbolo mondiale della libertà artistica, un autore che con coraggio e intelligenza continua a raccontare la verità del suo popolo, trasformando la censura in un atto di resistenza e il cinema in uno strumento di libertà.

Marta Zelioli

Giornalista pubblicista classe '82 appassionata di cronaca nera e cinema. Ho avuto modo di crescere professionalmente come assistente dello scrittore, sceneggiatore e criminologo Donato Carrisi che ha alimentato ulteriormente la mia inclinazione sia per la nera che per il cinema. Lavoro per Web365 dal 2020.

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