Il segreto di Sergio Leone: “Voleva lavorare per il pubblico…”

Il regista Sergio Leone raccontato in un documentario, il segreto legato al suo descrivere i film e far immergere nelle sue immagini le persone, e soprattutto quel rendere ogni protagonista un romano: perfino Clint Eastwood

Sergio Leone, basta il nome. Presentarlo risulta quasi ridicolo, è uno dei registi più grandi di tutti i tempi. Amato, idolatrato, citato. Regista innovativo, celebre soprattutto per i suoi film genere spaghetti western.

Sergio Leone
Il segreto di Sergio Leone: “Voleva lavorare per il pubblico…” (foto Ansa) – Cinema.it

Sergio Leone non ha una filmografia ricca a livello di numeri, il suo lavoro conta per ogni sfumatura, ogni istante, ogni frammento che arriva dritto al cuore del pubblico, come viene detto all’inizio del documentario di Giulio Reale, parole del produttore Claudio Mancini: “Sergio Leone voleva lavorare per il pubblico”. Un artista al servizio degli amanti della Settima Arte, un sognatore, che ha fatto sognare anche noi.

Sergio Leone, i segreti del regista: come lavorava, come ci ha fatto sognare

Il documentario che riportiamo qui in coda all’articolo per intero, mostra gli interventi di diversi critici e maestranze del cinema, che parlano dell’arte di Sergio Leone. Viene spiegata la difficoltà ad analizzare un regista come lui, che trattava un argomento come il suo. Il critico cinematografico, Christopher Frayling, ad esempio, spiega come fosse complesso da classificare il genere spaghetti western, che era popolare ma anche d’autore. Era cinema italiano ma logicamente anche americano.

Commedia, ma tragedia, cinema con poche parole ma molta musica, e che musica. Complesso quindi da catalogare, proprio perché in genere un regista o è popolare, o d’autore. Sergio Leone già a partire da questo, è riuscito a fare la differenza, quando qualcuno si eleva tanto in alto da non poter essere etichettato, nessuna catalogazione, un individuo al di sopra.

Una stanza buia, in fondo lo schermo di un cinema con il volto di Clint Eastwood con il cappello da cowboy
Sergio Leone, i segreti del regista: come lavorava, come ci ha fatto sognare (foto Ansa) – Cinema.it

Per descrivere l’eccezionale figura di Sergio Leone, nel documentario compare tra gli interventi quello del regista Giuliano Montaldo, e parla della sua esperienza un giorno, nel sentire Leone parlare con due produttori. Spiega il segreto del collega e regista. Montaldo si trova lungo un corridoio e viene attirato da alcuni suoni. Si rende conto che a fare questi rumori è lo stesso Leone che mentre parla con i produttori vuole farli immergere nel suo mondo, mostrare quello che vede lui, nella sua mente. Simula il vento, il rumore degli zoccoli dei cavalli, gli spari.

Montaldo ricorda di come fossero completamente ammaliati da lui i due uomini. Il segreto di Sergio Leone: trascinare con sé le persone nel suo mondo meraviglioso, essere in grado di ricrearlo, di farlo vivere a terzi. “Quello che faceva Sergio era magico” ricorda Montaldo. Sempre nel documentario, il critico cinematografico Vittorio Giacci, parla di come, la forza delle opere di Leone fosse insita completamente nelle immagini. “Leone ha dimostrato con il suo cinema, di aggirare la realtà attraverso la finzione. Ha fatto vivere e rinascere un genere che era morto, facendo questa scommessa”.

Eli Wallach mostra il suo personaggio nel film "Il buono il brutto e il cattivo"
Sergio Leone, i suoi personaggi diventavano americani romani (foto Ansa) – Cinema.it

Una scelta azzardata la sua, quella di intraprendere la strada del western. Senza averne i titoli, senza essere americano, senza alcun bagaglio culturale in merito. Nel documentario si parla anche del famoso caso di plagio, quello del film “Per un pugno di dollari” e di come si dovettero pagare i diritti al blasonato regista giapponese Akira Kurosawa. Il maestro, secondo quanto raccontato anche nel documentario, scrisse una lettera di suo pugno a Sergio Leone, facendogli i complimenti per il successo del film e chiedendo i diritti.

Il film, che diciamo fu di ispirazione, è “La sfida del Samurai”. Per mettere a tacere Kurosawa i produttori italiani dovettero dargli 250mila dollari, il maestro nipponico guadagnò più con questo compenso che con tutti i film della sua filmografia.

L’incredibile forza di Sergio Leone nel coinvolgere le persone nelle sue fantasie, la si vede anche dal fatto che, il regista romano non parlava inglese. Bisogna quindi immaginarselo mentre si interfaccia con Clint Eastwood e con Lee Van Cleefe e dice loro: “Watch me”, guardami. E mima la parte.

Nel fare questo ‘gioco’, mostrando lui la parte agli attori, riusciva ad inserire nel personaggio un lato romano, quindi in sostanza più che spaghetti western, i film di Leone erano dei carbonara western. I film del regista non sarebbero stati gli stessi, insomma, se lui non avesse avuto questa immensa capacità di comunicare.

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