Quali sono i dieci migliori attori eletti dal team del quotidiano inglese Indipendent, un elenco non semplicissimo da stilare con delle regole ben precise per poter essere presenti in classifica.
Il quotidiano inglese Indipendent ha stilato un elenco di attori che, in base alle loro analisi, sarebbero i migliori del XXI secolo. Lo ha fatto con delle regole ben precise e il compito è stato, come ci si può immaginare, piuttosto arduo.
È possibile fare una classifica dei migliori attori del XXI secolo? In un ambiente come quello cinematografico, così soggettivo e variegato si prospetta come qualcosa di incredibilmente complesso. Il team culturale dell’indipendent ha cercato di stilare questo elenco e ha parlato di diversi nomi in realtà, noi abbiamo estrapolato la top ten, i dieci nomi che sono in cima a questa lista.
Quali parametri hanno seguito per poter creare questo prestigioso elenco? Ebbene in primo luogo, questa lista deve tenere conto solo dei film, non delle serie TV o delle performance teatrali.
In secondo luogo, deve tenere conto solo dei film usciti dopo il 2000. Se vi state chiedendo perché questo o quell’attore sia stato escluso dalla lista, il limite del 2000 potrebbe essere la ragione. A subire questa regola in particolare alcuni dei più grandi attori viventi, come Meryl Streep o Al Pacino.
Al decimo posto di questa prestigiosa classifica c’è la più giovane della lista, Florence Pugh. La Pugh era stata quasi data per spacciata dopo il suo ruolo di debutto nel dramma in costume Lady Macbeth; poi è arrivato il film “Piccole Donne” dove ha rubato la scena a tutte vestendo i panni della impertinente Amy March. È dotata di una versatilità incredibile, è passata da ruoli come la lottatrice in “Fighting with My Family”, la tossicodipendente americana in “A Good Person” di Zach Braff e la chef malata di cancro in “We Live in Time”. È riuscita molto bene anche in ruoli che richiedevano una grande profondità. Come quando ha interpretato Jean Tatlock in “Oppenheimer”.
Al nono posto Colin Farrell, l’arrogante ragazzo irlandese molto gettonato nei primi anni Duemila, in film del calibro di “Phone Booth”, “Miami Vice” e “Minority Report”. Farrell dà il meglio di sé quando abbassa le difese. Il suo lavoro con Yorgos Lanthimos (The Lobster), Sofia Coppola (L’inganno) e, soprattutto, Martin McDonagh (“In Bruges – La coscienza dell’assassino”, “Gli spiriti dell’isola”) ruota attorno alla sua vulnerabilità imperfetta, quella spaccatura nella sua armatura che lo rende inaspettatamente dolce. È la dimostrazione che sotto una scorza particolarmente dura vi è spesso nascosto qualcosa di inestimabile e tenero.
All’ottavo posto la meravigliosa Cate Blanchett, di cui abbiamo parlato di recente in più di un articolo. Il primo, con un argomento che speriamo di non dover toccare più tanto presto, il suo possibile ritiro dalle scene. Il secondo invece ha riguardato la recensione del suo ultimo film, con il regista Soderbergh accanto a Michael Fassbender, Black Bag.
Dire che l’attrice australiana ha una certa versatilità sarebbe un eufemismo. Cate Blanchett ha un talento quasi sconcertante che le permette di modellare un personaggio memorabile dopo l’altro. Ha un aspetto celestiale che riesce a renderla pura nei panni di Galadriel nella trilogia de Il Signore degli Anelli (2001-3); incredibilmente dylaniana in Io non sono qui (2007); profondamente romantica in Carol (2015); imperiosa in Tár (2022); e la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
È un’attrice sottile e intelligente, molto scrupolosa, e dotata di un carisma che le consente di entrare con disinvoltura in qualunque ambito, dal blockbuster, in cui veste i panni di un’agente del KGB Irina Spalko in “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo” (2008) alla sua Dea della Morte Hela in “Thor: Ragnarok” (2017). Ci auguriamo quindi che la sua ipotesi di ritiro avvenga il più tardi possibile, sarebbe una mancanza enorme nel mondo della Settima Arte.
Al settimo posto, Song Kang Ho, noto al pubblico occidentale per il suo ruolo nel film del 2020 “Parasite”. Ma è nella sua prima collaborazione con Bong Joon Ho, “Memorie di un assassino” (2003), che potrete godere ancora di più le capacità dell’attore: Song, più di ogni altro, riesce a proiettare l’impotenza con assoluta precisione e controllo. L’attore è uno dei volti più noti del nuovo cinema coreano, amato da Bong, Park Chan Wook e Kim Jee Woon.
Al sesto posto sempre secondo l’Indipendent, l’attore Daniel Kaluuya. Dopo che Steve McQueen lo ha scelto per il suo thriller del 2018 “Widows”, disse dell’attore: “Ha quel dono che non si vede spesso, una presenza costante anche nella sua immobilità. Senti quello che sente, vedi quello che vede”. In quel film, Kaluuya interpreta un ruolo relativamente marginale, quello di un sicario, ma lo fa con una certa intensità e una grande determinazione.
A lasciare il segno è in particolare il suo sguardo, quegli occhi profondi e penetranti in grado di intimidire. Quegli stessi occhi colmi di lacrime, che fecero trasalire il mondo in “Scappa – Get Out”, uno dei film migliori e più importanti del XXI secolo.
Al quinto posto Nicole Kidman, un’attrice incredibilmente versatile. Non siamo noi a dirlo è la sua carriera che parla chiaro: basta tornare alle sue nomination consecutive all’Oscar come Migliore Attrice agli Academy Awards del 2001 e del 2002, che le hanno riconosciuto due ruoli che difficilmente potrebbero essere più diversi: la sua abbagliante interpretazione, da cantante e ballerina in “Moulin Rouge!” di Baz Luhrmann e la sua interpretazione vincente di Virginia Woolf verso la fine della sua vita in “The Hours”.
Non ha paura di spingersi in luoghi che altri attori potrebbero rifiutare, ha una filmografia particolarmente eclettica, non esiste infatti un “ruolo da Nicole Kidman”. Ha inoltre il merito di aver collaborato con ben 15 registe donne negli ultimi sette anni.
Al quarto posto Denzel Washington che ha offerto alcune delle interpretazioni più indelebili degli ultimi anni. L’attore ha saputo muoversi con disinvoltura dando sfoggio delle sue enormi capacità da star a partire dagli anni Novanta fino al XXI secolo con film come “American Gangster” e “Out of Time”. Basta guardare la sua interpretazione in “Macbeth” di Joel Coen per averne la prova. Tra “Macbeth”, il finale di “Training Day” e, più recentemente, “Il Gladiatore 2”, una cosa è certa: quest’uomo sa come fare monologhi.
Siamo sul podio, i nomi a questo punto sono solo tre. Chi sono quindi i migliori tre attori del XXI secolo secondo la rivista Indipendent? Al terzo posto troviamo Daniel Day-Lewis, l’Attore con la A maiuscola di cui non si può dire nulla di negativo in ambito cinematografico. Abbiamo parlato recentemente di lui, di come si è preparato per il film “Gangs of New York”, film cult di Martin Scorsese.
Di come non sia mai uscito dalla parte, nemmeno per andare fuori a cena. Di come abbia rifiutato i farmaci perché nel periodo in cui veniva girato il film non c’erano (ma lui era malato sul serio), un attore immenso, a partire da “Il mio piede sinistro”, fino al suo film purtroppo conclusivo “Il filo nascosto”.
In ogni sua interpretazione ha lasciato il pubblico letteralmente senza fiato, è abile nel vestire i panni di personaggi che si fanno odiare come non mai, seppur sia riuscito anche in ruoli come quello del presidente Lincoln nel film di Steven Spieleberg del 2012 (con cui per altro ha vinto uno dei suoi tre Oscar). La buona notizia è che tornerà in un film diretto dal figlio Ronan. E noi gli siamo molto grati per questo.
Al secondo posto abbiamo la straordinaria, talentuosa, bellissima Emma Stone. Con i suoi occhioni meravigliosi e il suo essere camaleontica e perfetta in ogni ruolo ha conquistato tutta Hollywood. Da “Povere creature” a”La favorita” passando per “La La Land”. A 36 anni, la Stone è una delle attrici più giovani di questa lista, ma il pathos e l’allegria che investe nei suoi ruoli suggeriscono una vita lunga e ricca.
È riuscita a passare da commedie relativamente leggera come ” Easy Girl” e “Crazy, Stupid, Love”a pellicole diametralmente opposte, gotiche e oscure. Scelte sempre complesse e rischiose che fino ad ora l’hanno premiata e siamo sicuri continueranno a farlo.
Al primo posto come attore migliore del XXI secolo un nome che rimpiangiamo molto, che abbiamo amato e seguito e che purtroppo ci è stato portato via troppo presto: Philip Seymour Hoffman. Parliamo ovviamente dei suoi ruoli dal 2000 all’anno in cui è morto, il 2014. Un interprete incredibilmente camaleontico: dal suo ruolo in “Truman Capote – A sangue freddo” a quello diametralmente opposto, autoritario in “The Master”.
Hoffman riusciva sempre a dare un contributo tale da rendere anche un personaggio mediocre, geniale. E quando il materiale era invece notevole, Hoffman era all’altezza della situazione.
Nel titolo del suo necrologio, il New York Times ha descritto Hoffman come un “attore di spessore”. Sembra un elogio debole, forse, ma è anche profondamente vero. Era un attore dotato di un’empatia apparentemente insondabile; non passava un secondo senza che il pubblico non credesse fermamente in lui.
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